Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. II, 1962 – BEIC 1808914.djvu/51

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la voglia di andare innanzi. La forma è orrida, irta di barbarismi e solecismi, e confessa egli medesimo che i lettori vi trovavano

oscuri sensi ed affettate rime.

— Ma che colpa ci ho io?—soggiunge Merlino:

Non tutti Sannazari ed Ariosti, non tutti son Boiardi ed altri eletti, li cui sonori accenti fur composti de l’alma Clio negli ederati tetti, tetti si larghi a lor, a noi si angosti; e rari son purtroppo gli entro accetti!

Ho riportato questi versi come esempio. Era di scarsa coltura, e lo chiamavano per istrazio il «grammatico»,

che tanto è dire quanto «son puro asino» :

e, poco studioso della lingua, chiamava «chiacchieroni» i toscani, che accusavano lui di lombardismi e latinismi;

Tu mi dirai, lettor, eh’ io son lombardo e piú sboccato assai d’un bergamasco: grosso nel proferir, nel scriver tardo, però dal tosco facilmente i’ casco.

Una lingua cruda, che è una miscela di voci latine, lombarde, italiane e paesane, senza gusto e armonia; uno stile stecchito, asciutto, lordo e plebeo, spiegano la fredda accoglienza di un pubblico cosi colto e artistico. Il concetto è la difesa delle inclinazioni naturali contro le restrizioni religiose, con pitture satiriche de’chierici, «qui praedicant ieiunium ventre pieno’». Vi penetrano alcune idee della Riforma, come nella preghiera di Berta, non a’ santi, dic’ella, ma a Dio, e mescolate con invettive e buffonerie a spese de’ frati o «incappucciati», con bile e stizza di frate sfratato. Il che non procede da fede intellettuale e non da indignazione di animo elevato, ma da scioltezza di costumi e di coscienza. Veggasi ad esempio il ritratto di Griffarrosto, allusione al priore del suo convento: ritratto osceno