Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. II, 1962 – BEIC 1808914.djvu/65

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rito. Tolto alle pubbliche faccende, nel suo ozio di San Casciano meditò su’ fati dell’antica Roma e sulle sorti di Firenze, anzi d’Italia. Ebbe chiarissimo il concetto che l’Italia non potesse mantenere la sua indipendenza se non fosse unita, tutta o gran parte, sotto un solo principe. E sperò che casa Medici, potente a Roma e a Firenze, volesse pigliare l’impresa. Sperò pure che volesse accettare i suoi servigi e trarlo di ozio e di miseria. All’ultimo, poco e male adoperato da’ Medici, fini la vita tristamente, lasciando non altra ereditá a’ figliuoli che il nome. Di lui fu scritto: (.(.Tanto nomini nullum par elogium».

I suoi Decennali, arida cronaca delle «fatiche d’Italia di dieci anni», scritta in quindici di; i suoi otto capitoli dell’asino d’oro, sotto nome di bestie satira de’ degeneri fiorentini; gli altri suoi capitoli dell’Occasione, della Fortuna, dell’Ingratitudine, dell’Ambizione) i suoi canti carnascialeschi, alcune sue stanze, o serenate, o sonetti, o canzoni, sono lavori letterari su’ quali è impressa la fiso no mia di quel tempo : alcuni tra il licenzioso e il beffardo, altri allegorici o sentenziosi, sempre aridi. Il verso rasenta la prosa; il colorito è sobrio e spesso monco; scarse e comuni sono le immagini. Ma in questo fondo comune e sgraziato appariscono i vestigi di un nuovo essere, una profonditá insolita di giudizio e di osservazione. Manca l’immaginativa: soprabbonda lo spirito. Ci è il critico: non ci è il poeta, non ci è l’uomo nello stato di spontaneitá che compone e fantastica, come era Ludovico Ariosto. Ci è l’uomo che si osserva anche soffrendo, e sentenzia sulle sorti sue e dell’universo con tranquillitá filosofica : il suo poetare è un discorrere :

Io spero, e lo sperar cresce il tormento; io piango, e ’1 pianger ciba il lasso core; io rido, e ’1 rider mio non passa drento; io ardo, e l’arsion non par di fuore; io temo ciò eh’ io veggo e ciò eh’ io sento; ogni cosa mi dá nuovo dolore: cosi sperando piango, rido e ardo, e paura ho di ciò eh’ i’ odo o guardo.