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180 la giovinezza

vitù e stringeva in un solo patto tutti i figli di Eva; la consacrazione del dolore e del sacrificio, come via di redenzione; l’emancipazione dello spirito dalla materia; l’aspirazione a forme più elevate e più musicali, sino al puro sentimento. Questo fu materia di parecchie lezioni. E mi ci scaldai tanto che, dovendo padre Juppa, mio discepolo e uomo serafico per mansuetudine e innocenza di costumi, fare una predica su’ benefizii del Cristianesimo, volli fargliela io medesimo, e riuscì un bello e dotto panegirico, molto lodato. Mostrai quanta potenza l’idea cristiana ebbe nello spirito di Dante, e come la Divina Commedia fosse appunto la storia ideale del Cristianesimo. Da questo desunsi i caratteri del contenuto che il Tasso avea scelto per argomento. Ma il Tasso non si obbliò in esso, e non lo fece suo, come Dante fece nella Divina Commedia, e come fece l’Ariosto nell’Orlando furioso. Il Tasso non vi entrò con animo libero, e portò seco appresso le regole di Aristotile e la voga cavalleresca. Cresciuto in mezzo a’ retori, che si vantavano critici, volle fare un poema secondo le regole, e, scegliendo una materia nuova, volle innestarvi la parte cavalleresca. Voleva in somma conciliare Omero e l’Ariosto, fare un Ariosto corretto e regolare, più conforme alle leggi del verisimile e al senso storico. Fu punito, perché trovò critici più severi di lui, che accusarono il poema di scorrezione, e non Io trovarono né omerico, né aristotelico. La parte cavalleresca fu trovata una intrusione e una dissonanza in argomento sacro, e si aggiunse che, diminuendo le proporzioni di quella fantastica cavalleria, per ridurle più vicine al probabile, immeschini la materia, senza farla più corretta. Cosi avvenne che parecchi gli preposero per regolarità il Trissino, e, quanto alla cavalleria, l’Ariosto gli rimase al di sopra. E poiché il suo spirito partecipava a quella critica ne’ punti fondamentali, dopo vana resistenza, vi si rassegnò; e per correggere gli errori del poema, volle rifarlo di pianta, e scrisse la Gerusalemme conquistata. Il poeta era scomparso sotto la rigidità del critico. Volendo accostarsi più al verosimile e allo storico, guastò la verità poetica, e correndo dietro all’ombra di bellezze teologiche,