Pagina:Decio Albini - La spedizione di Sapri, Tip. delle Terme diocleziane di G. Balbi, Roma 1891.djvu/12

Da Wikisource.

— 10 —


Da una parte il Comitato, conscio delle immense difficoltà locali, opinava che non si poteva nulla iniziare senza una migliore e simultanea associazione di forze e di mezzi. Laddove dall’altra parte volevano iniziare senza preparare e Mazzini, che guardava più alle condizioni d’Europa e considerava un moto del Sud come un episodio da giovare ai suoi scopi, e Pisacane, che sentiva irresistibile l’inquieta brama di inaugurare i moti italici o di fecondarne col suo sangue la vittoria. Carattere foscoliano, volontà pertinacissima, egli si lusingava che bastasse far sventolare in un dato giorno la sua bandiera, perchè il popolo, che pur era accasciato da secoli di dispotismo, si destasse subitamente alla coscienza ed al soffio di una vita nuova.

In ciò Pisacane contava moltissimo sulla Basilicata; in una sua lettera scrisse testualmente: Basilicata promette la rivoluzione; ed armati un duemila. Se lo promette senza impulso, tanto più con impulso. Questo solo basta. (Lettera del 2 di Aprile. Pisacane al Comitato di Napoli).

Tra il Comitato, Mazzini e Pisacane nacque un vivace scambio di corrispondenze. Fabrizi, che, essendo a Malta, trovavasi meno attratto nell’orditura titanica del Mazzini e che aveva sempre manifestata l’opinione che il Sud dovesse preparare i moti per la nostra unità, si avvicinava più ai criteri propugnati dai Comitati meridionali.

I quali, giustamente, non potevano accettare le premesse e le conseguenze di questo sistema: l’azione dover essere immediata; concatenare l’insurrezione del Napoletano coi moti, già inoltrati, dell’Alta Italia e dell’Ungheria, ove, d’accordo con Mazzini, si agitavano Kossuth, Klapka e Perezel; concentrare tutte le mire per lo sbarco, trascurando di stendere e rafforzare la trama per una insurrezione con intento e indirizzo prestabilito; fondare infine tutto sul segreto e sull’imprevisto. Infatti Pisacane — giudicando la ingrata realtà attraverso miraggi iridati e con una logica che, se corrispondeva al suo cuore ed alle vedute di Mazzini, non corrispondeva alle condizioni dell’ambiente sociale, dichiarava di contar più sulle disposizioni morali che sugli accordi, e sacrificar questi al segreto. In una sua recisamente diceva: «io pongo condizione principalissima il segreto e la sorpresa. Solo con questa condizione sono pronto, se questa manca e se vi sono tutte le altre possibili ed immaginabili, rifiuto.» (Lettera del 21 Aprile. Pisacane a Fabrizi).