Pagina:Decurtins - Rätoromanische chrestomathie, XI.djvu/92

Da Wikisource.
82 Gian Maurizio

Chè culto a lui di meritato amore
Ben serbava ogni mente ed ogni core.

VERGERIO. E questo appunto a me porse argomento
Di far ricordo dell’antico tempo,

295In cui vivea Gaudenzio, ed era pura
La Chiesa d’idolatrica lordura;
Quando con santo intemerato zelo
Ei gìa spargendo il lume del Vangelo,
Di cui la legge, e non la tradizione
300Umana, sostenea la Religione.
Del martirio del Santo io pur parlai,
E la morte di lui paragonai
Alle persecuzion, cui oggidì
Va sottoposto chi il Vangel seguì.
305Allora a poco a poco sparve il velo,
Che copria quelle menti, e del Vangelo
In esse penetrò la santa luce,
Che l’uomo errante a verità conduce.

[p. 95]        Da subitaneo zelo mossi allora
310Sorsero molti, e senza far dimora

Le reliquie mentite, con isdegno
Tratte dal tempio, gettar nell’Orlegno;
Ma non senza lamenti e riluttanze
Di alcuni d’essi, strida, pianti e istanze.
315L’opra appieno non è quindi sicura
Dal retroceder; e perciò tua cura
Fìa far loro udire il Santo Verbo
Di tua facondia coll’usato nerbo.
Ed io frattanto di proceder curo
320Nel cammin già spianato da Maturo,
Quando la legge, che salute apporta
Nelle terre insegnò di Sopra - Porta.

GUIDO. Di buon grado io m’assumo, benchè indegno
Servo, di eseguirne il grave impegno:

325E se qui mi riesce, io poi giocondo
Annuncerò il Vangelo a quei di Bondo.

(Giò la tenda).