D’illusíoni amabili, di sogni
Dorati amico, e di dorate larve. 70Questa, io sento gridar, fu la sua colpa;
Ciò punisce l’augel, che il cor gli rode
Su la rupe Caucásea, e non le tolte
Dalla lampa del ciel sacre faville.
Quindi l’uomo a rifar Prométei nuovi 75Si volgono, e dell’uom, non che il pensiero,
L’interno senso ad emendar si danno.
Perdono appena da costoro impetra
Quel popol rozzo, che le sue capanne
Niega d’abbandonar, perchè de’ padri 80Levarsi, e andar con lui non ponno l’ossa.
Perdono appena la selvaggia donna,
Che del bambin, cui dalle poppe Morte
Le distaccò, va sulla tomba, e spreme,
Come di sé nutrirlo ancor potesse, 85Latte dal seno e lagrime dagli occhi:
O il picciolo ferétro all’arbor noto
Sospende, e il vede, mentre spira il vento,
Ondeggiar mollemente, e agli occhi illusi,
Più che di bara, offrir di culla aspetto. 90Ma questi grati ed innocenti errori
Non furo ancor ne’ popoli più dotti?
Ma non amò senza rossor le tombe
Roma, Grecia ed Egitto? A te sia lieve