Pagina:Del riordinamento amministrativo del Regno (Carpi).djvu/13

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se con vantaggio delle pubbliche finanze, e delle istituzioni liberali, non è a dirsi!

È un fatto forse unico nella storia, che tanti Stati autonomi appartenenti ad una stessa nazione, rinuncino spontaneamente alla loro autonomia, per unificarsi in un solo Stato compatto e potente. È la forza delle cose secondata dal senno italiano che produce questo miracolo di alta politica, ma è una via che non puossi percorrere a metà, e conviene che la rinuncia alle piccole autonomie delle membra sia completa se si vuol dare al tutto vita rigogliosa ed altissima considerazione. Siate forti e sarete rispettati. E non può una nazione nel bel mezzo della vecchia Europa essere forte ed indipendente, in guisa da poter imporre il rispetto pe’ suoi diritti di nazione, senz’essere unita. Oggi l’alta ragione di Stato, le sofferenze passate, e i pericoli presenti, guidano gli italiani ad eclissare le individualità di piccoli Stati a benefizio della grande elaborazione di uno Stato solo, concetto che nei tempi di mezzo il Duca Valentino voleva fra noi tradurre in atto, volgendo in istrazi la muta iperbole di Tarquinio, nel mentre che il più spietato assolutismo porgeva adito ai sovrani di Spagna, e di Francia di conformare col mezzo di inaudite violenze ad unità le loro rispettive nazioni. Vien detto che la creazione delle regioni ha tratto agli antichi scompartimenti italiani, rispettando per tal guisa vecchie tradizioni, usanze speciali, dialetti, caratteri e temperamenti affatto distinti. Ma di grazia, egli è forse che non potevasi, e non potrebbesi tuttavia dire altrettanto in Ispagna dell’Aragona, delle Provincie Basche, della Murcia, dell’Andalusia; ed in Francia dell’Alsazia, della Borgogna, della Lorena, e della Brettagna? Il signor Ministro dell’Interno opina che