Pagina:Del vaglio d'Eratostene.djvu/10

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ser possibile e fattibile ciò che è stato fatto, crede di trarsi d’impaccio col dire che essa alla fine non è che l’opera di qualche Monaco de’ secoli barbari.

Convien dire che fra i diritti del Clero Anglicano, al quale apparteneva l’Horsley, vi fosse, almeno a’ tempi di questo, anche quello di riguardare come non esistente qualunque cosa fosse provenuta dalle mani dei Monaci, se la R. Società di Londra credette di accogliere puramente e semplicemente fra gli atti proprj questa curiosa ragione.

Passiamo ora a guardare più da presso l’operazione e la teoria del Vaglio. In ordine alla quale l’Horsley si prende cura di avvertire ch’ei la esporrà secondo le idee proprie, non tenendosi obbligato ad uniformarle a quelle di Nicomaco, ch’ egli è persuaso essere erronee in molte parti. Al greco aritmetico egli concede soltanto alcune osservazioni circa le relazioni de’ numeri dispari fra loro, le quali «sono certamente sue proprie, perché prive d’importanza in se medesime e del tutto estranee al proposito. Io ometto (prosegue l’Horsley) tutto questo, ed avendo stabilito ciò che reputo essere stata la genuina teoria del metodo di Eratostene, purgata dalle adulterazioni di Nicomaco, ne deduco una operazione di grande semplicità, che scioglie il problema in quistione con meravigliosa agevolezza, e la quale per essere la più semplice che sembri potere essere prodotta da quella teoria, io non ho veruno scrupolo nell’adottarla come la originale operazione del Vaglio, sebbene dissimile da quella che si trova in Nicomaco.»

Quid dignum tanto feret hic promissor hiatu?

Egli ragiona così:

«Eccetto il 2, nessun numero pari si è primo; dunque ogni numero primo, tranne il 2, sarà incluso nella serie de’ numeri dispari nell’ordine loro naturale, estesa all’infinito. Ma ogni numero non primo è multiplo di qualche numero primo, come dimostrò Euclide (Elem. 7, prop. 33). Dunque la serie predetta conterrà i numeri primi, ed i 2