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lenzio, e della pace delle notti lunari che lassù erano indescrivibilmente belle; ma era una ebbrezza triste, sconsolata. Gli pareva che un sogno di morte gravasse sull’altipiano, e che egli solo vivesse e vagasse anima errante, entro quel cerchio di orizzonti argentei e luminosi, infiniti e irraggiungibili come i sogni che egli aveva avuto nei dì felici.

Voci arcane vibravano nella notte; ma il canto eguale del cuculo, le cui note cadevano come lacrime, il trillare dei grilli, le campanelle delle greggie, infine tutte le voci della notte avevano una cadenza di suprema tristezza.