Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/100

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Allora cominciarono a discutere, ed Efix guardava la rosellina come parlando a lei sola.

— Ad uccidere tocca a Dio.

Ma dovette interromper la discussione perchè da lontano donna Ester gli accennava di avvicinarsi. Era l’ora del pasto; Giacinto era invitato dal prete e tutti, chi più chi meno, mangiavano in buona compagnia. Dalle capanne uscivan nuvole di fumo odoroso d’arrosto.

L’angolo più tranquillo era quello delle dame. Sedute nella loro capanna mangiavano con Efix l’arrosto di agnello e parlavano di Noemi lontana e di Giacinto, del prete e del Milese, sorridendo senza malizia.

— I primi giorni, — disse donna Ruth, tagliando una piccola torta in tre porzioni eguali, — Giacinto parlava sempre d’andarsene a Nuoro, ove diceva d’aver un posto nel Molino. Adesso, da due giorni non ne parla più.

— Ma è che da due giorni non si vede quasi più; è sempre con Predu e con altri compagni.

— Lasciamolo divertire, — disse Efix.

Fuor della porta si vedeva Kallina seduta,

insolitamente oziosa sulla sua pietra, e Grixenda col bambino in grembo, pallida e triste fissava il belvedere del prete.

Ah, Giacinto si divertiva lassù, dimentico di lei: e a lei pareva di star accovacciata sul