Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/122

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seguì silenzioso; ma ancora una volta, arrivati davanti alla capanna si buttò a terra gemendo:

— Efix, Efix, non ne posso più.... Che hai fatto! Che hai fatto!

— Che ho fatto?

— Non so bene neppur io. È venuta la serva di zio Pietro, portando un cestino, dicendo che lo avevi consegnato tu al suo padrone. C’erano zia Ruth e zia Noemi in casa, poichè zia Ester era alla novena: presero il cestino e ringraziarono la serva, e le diedero anche la mancia; ma poi zia Noemi fu colta da uno svenimento. E zia Ruth la credeva morta, e gridò. Corsero a chiamare zia Ester; ella venne spaventata, e per la prima volta anche lei mi guardò torva e mi disse che son venuto per farle morire. Oh Dio, Dio, oh Dio, Dio! Io bagnavo il viso di zia Noemi con l’aceto e piangevo, te lo giuro sulla memoria di mia madre; piangevo senza sapere perchè. Finalmente zia Noemi rinvenne e mi allontanò con la mano; diceva: era meglio fossi morta, prima di questo giorno. Io domandavo: perchè? perchè, zia Noemi mia, perchè? E lei mi allontanava con una mano, nascondendosi gli occhi con l’altra. Che pena! perchè son venuto, Efix? perchè?

Il servo non sapeva rispondere. Adesso vedeva, sì, tutto l’errore commesso, consegnando il cestino a don Predu, e pensava al