Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/127

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gazzi si voglion bene, dobbiamo odiarci noi, vecchi?

— Ho fretta, comare Pottoi.

— Lo so, c’è chiasso, in casa delle tue padrone. Ma la colpa non è mia. Io ci perdo, in questa occasione. Il tuo padroncino vuole che Grixenda stia a casa, che non vada più scalza, che non vada più a lavare. Io devo fare la serva; ma lo faccio con piacere poichè si tratta di render felici i ragazzi....

— Signore, aiutaci! — sospirò Efix. — Lasciatemi, comare Pottoi. Pregate Cristo, pregate Nostra Signora del Rimedio....

— Il rimedio è in noi, — sentenziò la vecchia. — Cuore, bisogna avere, null’altro....

— Cuore, bisogna avere, — ripeteva Efix fra sè, entrando dalle sue padrone.

Tutto era silenzio e sole nel cortile: fiorivano i gelsomini sopra il pozzo e le ossa dei morti fra l’erba d’oro dell’antico cimitero. Il Monte circondava col suo cappuccio verde e bianco la casa; una colonnina istoriata era caduta dal balcone e giaceva in mezzo ai sassolini come l’avanzo di un razzo. Tutto era silenzio.

Efix entrò e vide che il cestino mandato da lui con don Predu era quasi vuoto sopra il sedile, segno che gli ortaggi eran già stati venduti: rimanevano solo i pomini gialli di San Giovanni: gli parve quindi d’aver sognato. Sedette e domandò: