Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/13

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luna, tenendo per la briglia gli enormi cavalli verdi che essi soltanto sanno montare, spiando se laggiù fra le distese d’euforbia malefica si nascondeva qualche drago o se il leggendario serpente cananèa, vivente fin dai tempi di Cristo, strisciava sulle sabbie intorno alla palude.

Specialmente nelle notti di luna tutto questo popolo misterioso anima le colline e le valli: l’uomo non ha diritto a turbarlo con la sua presenza, come gli spiriti han rispettato lui durante il corso del sole; è dunque tempo di ritirarsi e chiuder gli occhi sotto la protezione degli angeli custodi.

Efix si fece il segno della croce e si alzò: ma aspettava ancora che qualcuno arrivasse. Tuttavia spinse l’asse che serviva da porticina e vi appoggiò contro una gran croce di canne che doveva impedire ai folletti e alle Tentazioni di penetrare nella capanna.

Il chiarore della luna illuminava attraverso le fessure la stanza stretta e bassa agli angoli, ma abbastanza larga per lui che era piccolo e scarno come un adolescente. Dal tetto a cono, di canne e giunchi, che copriva i muri a secco e aveva un foro nel mezzo per l’uscita del fumo, pendevano grappoli di cipolle e mazzi d’erbe secche, croci di palma e rami d’ulivo benedetto, un cero dipinto, una falce contro i vampiri e un sacchetto di orzo contro le panas: ad ogni soffio tutto tremava e i