Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/166

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spiriti notturni si rifugiavano sull’orlo della collina protesi immobili ad ascoltarlo. Efix si sentiva portato via come da un impeto di vento: ricordi e speranze lo sollevavano. Aspettava Giacinto, e Giacinto veniva su con notizie fantastiche: aveva trovato un posto, aveva tenuto la sua promessa d’essere la consolazione delle vecchie zie. E don Predu aveva domandato Noemi in moglie....

Ma invece di Giacinto arrivò Zuannantoni con qualche cosa di nero sul petto come un avoltojo morto. Da quel momento Efix aveva l’impressione di esser caduto sotto un urto di febbre delirante. Che incubo, lo stradone biancastro nella notte, e la voce della fisarmonica che scendeva dalla collina e faceva tacere quella dell’usignolo! Tutti i folletti e i mostri s’erano scossi e danzavano nell’ombra, inseguendolo e circondandolo.

Ed ecco adesso egli aspettava di nuovo; ma Giacinto aveva anche lui preso un aspetto mostruoso, come se gli spiriti notturni l’avessero portato via nel loro regno misterioso ed egli ritornasse di là orribilmente deformato.

Meglio non tornasse mai.

Dalla cucina usciva un po’ di barlume che illuminava una parte del cortile; s’udiva dentro qualche timido rumore; Noemi e donna Ester si movevano di là, ma pareva avessero paura anche loro, paura di farsi sentire a vivere.

Ma qualcuno spinse il portone e tutti e