Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/168

Da Wikisource.

— 160 —

— Lo senti, anima mia? — disse la vecchia, strappando la ragazza dal muro. Tornerà! Non è andato via per sempre, no!

— Tornerà, sì, ragazza!

Grixenda gli prese la mano e gliela baciò singhiozzando. Egli sentì le labbra di lei bagnate di lagrime lasciargli sulle dita come l’impronta di un fiore umido di rugiada: e trasalì e gli sembrò che l’incubo in cui da tre giorni era caduto si sciogliesse.

— Tornerà, — ripetè a voce alta. — E tutto andrà bene. Metterà giudizio, si pentirà, sarete contenti e tutto andrà bene....

Le due donne se ne andarono confortate; egli rientrò e vide Noemi sorgergli davanti come un’ombra nera ferma palpabile.

— Efix, ho sentito. Efix, non metterti in mente di far morire anche noi. Giacinto non deve rientrare in questa casa.

Efix teneva ancora il gelsomino in mano e il fiorellino tremò nel buio, come di un dolore proprio.

— Farle morire.... io! perchè?

— Efix, ho sentito! — ella ripetè con voce monotona: ma d’improvviso la sua figura balzò, l’ombra parve diventare alta, enorme.

Efix la sentì sopra di sè come una tigre.

— Efix, hai capito? Egli non deve rientrar qui, e neppure in paese! Tu, tu sei la cagione di tutto. Tu l’hai lasciato venire, tu dicevi che ci avresti difeso da lui.... Tu....