Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/190

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scevano sui gradini. Don Predu ricordava ogni volta Noemi lì ferma ad attendere, nell’ombra.

— Bene, allora restiamo intesi? Tu devi fare come ti dico, io, intendi?

— Inteso ho. Farò di tutto, — disse Efix.

Picchiò, ma nessuno apriva. E don Predu stava lì, a toccarsi la catena e a guardare giù verso il fiume quasi anche lui aspettasse qualcuno.

— Oh che son morte anche loro?

Donna Ester sarà in chiesa e donna Noemi forse sarà coricata.

— Perchè, sta male?

Mah! da qualche tempo, ogni volta che torno la trovo coricata. Ha mal di testa.

— Oh, oh, bisognerebbe farla uscire, prendere un po’ d’aria.

— Questo penso anch’io; ma dove?

Don Predu guardava laggiù, verso il fiume: il suo viso sembrava diverso, sembrava quasi bello, triste e distratto come quello del nipote.

— Eh, dico, si può andare in qualche posto; a Badde Saliche, anche, il mio podere verso il mare; c’è ancora un po’ d’uva bianca....

Il viso d’Efix s’illuminò; ed egli volle dire qualche cosa, ma dentro si sentiva aprire il portone, e don Predu si allontanò senza voltarsi, cercando di nascondersi lungo il muro.