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— Perchè siamo cristiani!

Allora Efix tornò come dentro di sè, nella casa della sua anima, e ricordò perchè era venuto.

— Giacinto, eppure bisogna che tu sposi Grixenda. Essa verrà qui, a giorni; non mandarla via, non perderla!

— Ma, sant’uomo! Non hai orecchie per ascoltare? Io ti dico che non posso tenerla, che non posso sposarla: devo pagare il debito delle zie.

— Tu lo pagherai sposandola.

— Ha ereditato tanto? — disse allora Giacinto ridendo; ma Efix lo guardava serio, e ripetè due volte:

— Sono venuto per parlarti di questo.

Il padrone di casa capì che la sua presenza era di troppo e se ne andò via silenzioso non ostante le proteste e i richiami di Giacinto.

— Lascialo, — disse Efix. — Quello che ho da dirti, nessuno deve saperlo.

Eppure, rimasti soli, provarono entrambi un senso d’imbarazzo; la luce pareva un ostacolo fra di loro. Uscirono nel cortiletto, sedettero sullo scalino, e Giacinto tirò la porticina dietro di sè, come per impedire al lume e al fuoco di ascoltare; ed Efix cercava le parole per trar fuori dal suo cuore il penoso segreto. Ah, gli sembrava talmente grande e pesante da non poterlo trarre intero: a brani, forse, sì, sanguinante. Si curvò su sè stesso: