Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/237

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revano tutti banditi, esseri superiori alla legge: non si pentivano certo delle loro colpe, se ne avevano, non si tormentavano se si erano fatta giustizia da sè, nella vita. Gli pareva che lo guardassero con disdegno, buttandogli la moneta, che si vergognassero di lui come uomo e stessero per rimuoverlo col piede al loro passaggio, come uno straccio sporco.

Ma poi guardava lontano: al di là della nebbia gli sembrava cominciasse un altro mondo, e si aprisse la porta di cui parlava il cieco, la grande porta dell’eternità. E si pentiva della sua vergogna.

Al suo fianco il compagno continuava a chiedere l’elemosina declamando, o si rivolgeva a lui perchè i passanti ascoltassero:

— Che facciamo noi in questa vita, di peso ai pietosi che ci dànno l’elemosina?

— Che facciamo, fratello caro?

— Ebbene, compagno mio, tutto succede per ordine del Signore: noi siamo suoi strumenti ed egli si serve di noi per provare il cuore degli uomini, come il contadino si serve della zappa per smuovere la terra e vedere se è feconda. Cristiani, non guardate in noi due creature povere, più tristi delle foglie cadute, più luride dei lebbrosi; guardate in noi gli strumenti del Signore per smuovere il vostro cuore!

Le monete di rame cadevano davanti a loro