Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/274

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vero che sei diventato ricco? Ma perchè non metti giù quella bisaccia? Almeno un boccone lo prenderai, qui.

— Devo andare, donna Ester mia.... Ero venuto solo per salutarla.

— Tu starai qui fino a domani, — disse Noemi, e con un gesto quasi felino gli tolse la bisaccia e la mise più in là sulla panca.

Si guardarono: ed egli comprese che avevano da parlarsi, loro due, da riallacciare un discorso interrotto.

— Efix, senti, tu almeno ci racconterai le tue vicende, poichè non hai mai scritto. Quante cose avrai da dire, adesso: oh, Efix, Efix, chi avrebbe mai creduto che da vecchio te ne andavi in giro per il mondo!

— Meglio tardi che mai, donna Ester mia! Ma da contare c’è poco.

— Racconta quel poco.

— Bene, sì, le dirò....

Noemi apparecchiava, silenziosa: ecco lo stesso canestro annerito dal tempo, levigato dall’uso; ecco lo stesso pane e lo stesso companatico. Efix mangiava e raccontava, con parole incerte, velate di menzogna timida; ma quando ebbe gettato le briciole e il fondo del bicchiere sul pavimento, — poichè la terra vuole sempre la sua piccola parte del nutrimento dell’uomo, — si drizzò un po’ sulla schiena e i suoi occhi si circondarono di rughe raggianti.