Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/281

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tosi diventato ricco davanti ai suoi padroni poveri.

— Io posso aiutarle, posso aiutarle ancora, anche se esse non lo vogliono.... Domani....

Aspettava con ansia il domani: ecco perchè non poteva dormire. Domani parlerà con Noemi; riprenderanno il discorso interrotto tanti mesi prima, ed egli forse potrà portare la buona risposta a don Predu.

Allora cominciò a pregare, piano piano, poi sempre più forte, finchè gli parve di mettersi a cantare come facevano i pellegrini su alla Madonna del Miracolo.

Domani.... Tutto andrà bene, domani; tutto sarà concluso, tutto sarà chiaro. Gli sembrava di capire finalmente perchè Dio lo aveva spinto ad abbandonare la casa delle sue padrone e ad andarsene vagabondo: era per dar tempo a Giacinto di scender nella sua coscienza e a Noemi di guarire dal suo male.

— Se io davo subito la risposta a don Predu tutto era finito, — pensava con un senso di sollievo; e sognava addormentandosi. Ecco un vago chiarore illumina la pianura intorno; è un anello bianco sopra un gran cerchio nero. È l’alba. I ciechi si alzano, intrecciano le loro dita, si curvano davanti a lui e lo costringono a sedersi sulle loro mani ed a mettere le sue braccia intorno al loro collo: così lo sollevano, lo portano su, via, lontano, cantando, come fanno i bambini nei loro giochi.