Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/95

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— Altro che spirito: è vivo e ha le mani che si muovono, non è vero, Grixè? Chi? Don Giacintino!

Ma Grixenda, appoggiata al muro, col bimbo che le morsicava i bottoni della camicia, guardava anche lei il vassoio luccicante su nel belvedere, e i suoi occhi parevano affascinati come quelli della vecchia nonna quando nelle notti di luna spiavano il passaggio dei folletti giù verso il fiume.


Efix tornò ancora tre giorni dopo. Questa volta non era solo: quasi tutti quelli del paese scendevano alla festa, e le donne portavano sul capo vassoi con torte e cestini pieni di galline legate con nastri rossi.

Gli alberelli intorno eran carichi di frutti acerbi e la festa pareva si stendesse per tutta la valle.

Arrivando, Efix trovò il recinto intorno alle capanne già ingombro di carri con tende formate da sacchi e da lenzuola, e i rivenditori di dolci e di vino dritti accanto ai loro piccoli banchi all’ombra della chiesa.

Una fila di mendicanti vigilava il sentiero e le loro figure accovacciate, terree e turchine, alcune con orribili occhi bianchi, altre con piaghe rosse e tumori violacei, coi petti nudi come scorticati, con le braccia e le dita brancicanti nerastre come ramicelli bruciati, si disegnavano fra un cespuglio e l’altro sulla