Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/220

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per accennare «calma, calma», poi parlò con voce tranquilla:

— Sì, io sono ignorante e mio figlio è istruito, va bene. Ma io sono più vecchio di lui. I miei capelli, ecco qui (se ne tirò un ciuffo sugli occhi, cercò e strappò un capello bianco), cominciano ad incanutire. L’esperienza della vita, moglie mia, rende l’uomo più istruito d’un dottore. Ebbene, figlio mio, io ti dico una sola cosa: interroga la tua coscienza e vedrai che essa ti risponderà che non si deve ingannare il proprio benefattore.

Lo studente battè sul tavolo il bicchiere, così forte che il gattino trasalì.

— Sì, figlio, — proseguì il contadino, ricacciandosi indietro sulla testa i capelli oleosi, — tu devi andare dal padrone, devi baciargli la mano e dirgli: — «Io sono figlio di contadini, ma per grazia vostra e del mio talento diventerò dottore, ricco e signore. Io amo Margherita e Margherita mi ama: io la renderò tanto felice, che essa dimenticherà di essersi abbassata a scegliere per isposo il figlio del suo servo. La Signoria Vostra ci benedica, nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo».

— E se invece di benedirlo lo scaccia via come un cane? — domandò la vecchia.

— Va là, femminuccia, — esclamò il contadino, versandosi ancora da bere, — il tuo re Salomone diceva che le donne non sanno quel che dicono! Se io invece parlo ho già pesato le mie parole. Il padrone benedirà.