Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/225

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quello che io sono: un povero, un beneficato della tua famiglia, il figlio d’un tuo servo.

— Ma che cosa dici! — ella esclamò, impaziente più che addolorata. — Tuo padre non è affatto un servo, e quando lo fosse è un uomo onorato e basta!

— Un uomo onorato! — ripetè fra sè Anania, colpito nell’anima. — Oh, Dio, ma lei non è una donna onorata. Margherita, — insistè, sforzandosi invano a restar calmo, — bisogna che tu mi apra tutta l’anima tua, e che mi guidi e mi consigli. Dimmi tu che cosa devo fare. Devo aspettare? Devo agire? Il mio orgoglio e la mia coscienza mi imporrebbero di presentarmi a tuo padre e dirgli tutto: altrimenti egli può considerarmi come un traditore, un uomo senza onore e senza lealtà. Però io seguirò i tuoi consigli, tutto fuorchè perderti. Sarebbe la mia morte questa, la mia morte morale. Io sono ambizioso, vedi, e lo dico altamente, perchè, ove tu non venga a mancarmi, la mia non sarà un’ambizione sterile. Tu sei lo scopo della mia vita! Se tu mi venissi a mancare, io non avrei più forza nè volontà di far bene.... Se tu però mi dicessi: «Io amo un altro», ebbene, io....

— Basta! Taci ora! — comandò Margherita. — Sei tu che bestemmi, adesso! Piove?

Una goccia d’acqua era caduta sulle loro mani intrecciate. Entrambi sollevarono il viso e guardarono le nuvole che ora passavano più lente, più dense, mostri nebulosi e torpidi.