Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/229

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Nanna ascoltava, senza capire una parola, e apriva la bocca per dire... per dire.... lo disse alfine:

— Li ho sentiti altra volta.

— Da chi? — gridò Anania.

— ....Da Efes Cau!

— Non dire bugie; raccontami piuttosto tutto ciò che è accaduto a Nuoro durante quest’anno.

Nanna cominciò, ritornando ogni tanto a Margherita. Ella era la rosa delle rose, il garofano, il confetto. E i suoi vestiti! Oh, Dio, non se n’erano visti mai di più meravigliosi: quando ella passava la gente la guardava come si guarda una stella filante. Un signore aveva incaricato lei, Nanna, di rubare il laccio della scarpa di Margherita; la serva della famiglia Carboni diceva che tutte le mattine la sua padroncina trovava sulla finestra lettere d’amore legate con nastrini azzurri....

— Ma la rosa è una sola e non può unirsi che al garofano.... Ebbene, dammi qui la chicchera.... ah! — concluse l’ubriacona, dandosi un pugno sulla bocca. — - È inutile, perdio! io ho visto la Vossignoria quando aveva la coda ed ora non posso abituarmi a darle del lei....

— Ma quando è che io avevo la coda? — gridò Anania minaccioso.

La donna scappò, tentennando, ridendo, turandosi la bocca; e dal cortile disse, rivolta alla finestra di Anania: — La coda della camicia....

Egli continuò a minacciarla; ella continuò a