Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/232

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i presenti che amici e parenti gli avrebbero inviato; ed Anania grande, nei giorni di riposo, ricamava una cintura di cuoio, seduto in mezzo alla strada, e pensava ai tesori nascosti nei nuraghes.

No, niente era cambiato; ma lo studente vedeva le cose e gli uomini come ancora non li aveva veduti, e tutto gli sembrava bello, d’una bellezza triste e selvaggia. Passava e guardava come uno straniero; e nel quadro di quei tuguri neri e cadenti, in mezzo a quelle figure semplici primitive, gli sembrava di essere un gigante di passaggio. Sì, gigante ed uccello: gigante per la sua superiorità, uccello per la sua gioia.



Agli ultimi d’agosto, dopo vari convegni, Margherita permise che Anania rivelasse il loro amore al signor Carboni.

— Dunque posso sperare! — egli esclamò colpito, quasi avesse fino a quel momento disperato. — È proprio vero? Sarà vero?

— Ma sìii! — ella disse, vezzeggiando, accarezzandogli i capelli con affetto quasi materno.

Egli la strinse a sè, chiuse gli occhi, nascose il viso sull’omero di lei, concentrandosi per vedere tutta l’immensità della sua fortuna. Era mai possibile? Margherita sarebbe diventata sua? Sua davvero? Sua nella realtà come lo era sempre stata nel sogno? Ricordò il tempo