Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/45

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po’ in vettura? — disse Olì, mangiando. — Siamo stanchi come asini.

— Senti, — rispose l’omone, — va al di là di Mamojada, intanto che io faccio la fermata.

Vi prenderò.

Egli tenne la promessa: giunto al di là di Mamojada fece sedere in serpe accanto a lui i due viandanti e cominciò a chiacchierare con Olì.

Anania, veramente stanco, sentiva un vivo piacere nel trovarsi seduto fra sua madre e l’omone che scuoteva la frusta, davanti ai freschi paesaggi dallo sfondo azzurrino che si disegnavano nell'arco del mantice.

Le grandi montagne erano scomparse, scomparse per sempre, ed il bambino pensava a quello che avrebbe detto Zuanne sapendo di questo viaggio.

— Quando tornerò quante cose avrò da dirgli! — pensava. — Gli dirò: io sono stato in carrozza e tu no.

— Perchè diavolo vai a Nuoro? — insisteva l’omone, rivolto ad Olì.

— Ebbene, vuoi saperlo? — ella rispose finalmente. — Vado per mettermi a servire. Ho già fatto il contratto con una buona signora. A Fonni non potevo più vivere; la vedova di Zuanne Atonzu mi ha cacciato di casa.

— Non è vero, — pensò Anania. Perchè sua madre mentiva? Perchè non diceva la verità, che cioè andava a Nuoro per cercare il padre di suo figlio? Basta, se ella diceva le bugie doveva aver le sue buone ragioni; e Anania