Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/71

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due amici mangiarono in compagnia d’un gattino grigio che con lo zampino bruciacchiato prendeva famigliarmente i gnocchi dal piatto comune e se li portava furbescamente in un angolo della cucina.

— Come è curioso! — diceva Anania, seguendolo con gli occhi. — A noi ce l’hanno rubato, il gatto.

— Anche a noi. Ce ne hanno rubati tanti! Scompaiono e non si sa dove vadano a finire.

— Scompaiono tutti i gatti del vicinato! Chi li ruba cosa ne fa?

— Ebbene, li fa arrostire. La carne è buona, sai; sembra carne di lepre. In continente la vendono per lepre: così dice mio padre.

— Tuo padre è stato in continente?

— Sì. Ed anch’io ci andrò, e presto.

— Tu?! — disse Anania, ridendo con un po’ d’invidia.

Bustianeddu allora credè giunto il momento di svelare all’amico i suoi pericolosi progetti.

— Io non posso più viver qui, — cominciò a lamentarsi; — no, io voglio andar via. Cercherò mia madre e farò il pasticciere; se vuoi venire, vieni anche tu.

Anania arrossì d’emozione, e sentì il suo cuore battere forte forte.

— Non abbiamo denari, — osservò.

— Ecco, noi prendiamo le cento lire che sono nel cassetto del comò; se vuoi, le prendiamo subito; poi le nascondiamo, perchè se partiamo subito mio padre si accorge che le ho