Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/8

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di timo e d’asfodelo da cogliere l’indomani all’alba per farne medicinali ed amuleti.

D’altronde Olì pensava che anche non segnando1 i cespugli che voleva cogliere, nessuno glieli avrebbe toccati: i campi intorno alla cantoniera dove ella viveva col padre ed i fratellini, erano completamente deserti. Solo in lontananza una casa campestre in rovina emergeva da un campo di grano, come uno scoglio in un lago verde. Nella campagna intorno moriva la selvaggia primavera sarda: si sfogliavano i fiori dell’asfodelo e i grappoli d’oro della ginestra; le rose impallidivano nelle macchie, l’erba ingialliva, un caldo odore di fieno profumava l’aria grave.

La via lattea e l’ultimo splendore dell’orizzonte, fasciato da una striscia verdastra e rosea che pareva il mare lontano, rendevano la notte chiara come un crepuscolo. Vicino al fiume, la cui acqua scarsissima rifletteva le stelle e il cielo violaceo, Olì trovò due dei suoi fratellini che cercavano grilli.

— A casa! Subito! — ella disse con la sua bella voce ancora infantile.

— No! — rispose uno dei bimbi.

— Allora voi non vedrete spalancarsi il cielo, stanotte! I bimbi buoni, nella notte di San Giovanni vedono aprirsi il cielo e poi vedono il paradiso e il Signore e gli angeli e lo Spirito

  1. Segnare i cespugli, cioè legarli con un nastro affinchè nessuno li tocchi.