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il natale del consigliere 95


rovia, con la banderuola in mano. Sì, in un casotto, prima di arrivare alla stazione di Bonifai, dove, credo, c’è casellante un suo fratello, anche lui vedovo pieno di figli. Aveva la faccia della fame.

Rumori di catene e l’urlo delle sirene riempivano intorno l’aria di terrore; il piroscafo partiva sussultando come un mostro marino che svegliatosi di soprassalto si affrettasse a tornare in alto mare.

In breve la terra fu lontana, fra i vapori della sera, ma la luna seguiva i naviganti e illuminava loro la via sull’infinito deserto del mare. Un pallore cadaverico rendeva ancor più triste il viso di don Salvator Angelo: turbamento per l’allontanarsi del continente, o ricordo della giovine «palma» e rimorso di averla amata e dimenticata?

Ziu Predu Camboni lo guardava quasi con malizia; ma quando don Salvator Angelo si mosse barcollando per ritirarsi e disse a denti stretti:

— Io soffro sempre, anche se il mare è calmo.... — il vecchietto lo accompagnò fino all’ingresso dorato della prima classe e s’avvide che l’affanno occulto contro cui lottava il Consigliere era il più terribile dei malanni che talvolta l’uomo si procura da sè: il mal di mare.

— Perchè partire, quando si soffre? — si domandò ziu Predu Camboni, e tornò alle sue regioni di terza, ove i soldati cantavano, e i condannati sonnecchiavano legati come schiavi.