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Fin verso mezzogiorno il tempo era stato bello. Le campane suonavano a distesa e la gente usciva nella strada e s’affacciava ai muricciuoli per veder sfilare la cavalcata dei pellegrini che andavano alla festa del Cristo di Galtellì.

Non se n’eran mai visti tanti di festaresos: lo stesso vecchio parroco Filìa precedeva la pittoresca processione che doveva percorrere strade e strade, valli e valli prima di arrivare alla mèta. Il vecchio prete nero, così nero e scarno che una volta uno scultore di passaggio l’aveva pregato di posare per il Cristo deposto, montava un cavallo nero con una stella bianca in fronte. Seguivano, tutti in fila uno dopo l’altro per lo stretto sentiero alle falde del monte verdastro, i vecchi che sembravano gli antichi Iberi, con lunghi riccioli e lunghissimi baffi, col cappuccio sul capo e la barba buttata in là dal vento fresco, e le donne con le bende gialle tirate sugli occhi, sedute a cavalcioni in sella o in groppa ai cavalli alle spalle degli uomini giovani vestiti di velluto oliva e di pelle gialla. Questi ulti-