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la porta chiusa 85


a perseguitare la sua padrona finchè questa non rispose al procuratore del re, accettando la proposta, col patto però di sposarsi l’ultima domenica di carnevale. Il fidanzato le mandò il suo ritratto coi bambini; ella fissava il gruppo, coi suoi occhi neri diventati un po’ vitrei, ma non diceva se era felice o scontenta. Una sola cosa la confortava: andarsene, liberarsi dalla balia che l’angariava in tutti i modi ed era diventata la vera padrona della casa. Ah, aveva ragione sua madre!

— Nascondi le tue debolezze....

Un’altra avvertenza le aveva dato sua madre; ma questa non la ricordava più; tante altre cose aveva dimenticato!

L’inverno passò: il rumore del torrente giù nella valle s’affievolì, e risuonarono di nuovo gli urli delle maschere camuffate da bovi e da orsi, e i canti melanconici che accompagnavano le danze giù nella piazza.

Il giovedì grasso la gente che assisteva alla corsa selvaggia delle maschere a cavallo vide arrivar la diligenza verde e gialla e dalla diligenza scendere l’antico pretore diventato procuratore del re. Era diventato anche un bell’uomo, non troppo alto, ma col petto sporgente, le guancie piene solcate da due grossi baffi rossastri.

Egli si recò difilato dalla sposa. Ella, sì, era tale è quale l’aveva lasciata: scarna, col giacchettino nero abbottonato fitto fitto dal collo al ventre, e la piccola testa incoronata