Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/161

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«Le vane speranze e le menzogne sono per lo stolto, e i sogni levano in alto gli imprudenti.

«Come chi abbraccia l’ombra e corre dietro al vento così chi bada a false visioni....»

Eppure egli si ostinava a sperare, e la debolezza in cui ogni giorno di più cadeva come in un gorgo molle e tiepido gli dava spesso visioni morbose. Talvolta, arrivava a compiacersi della sua immobilità.

— Che fatica, doversi alzare e camminare! Perchè poi? La vita è nel moto dell’Universo, e le pietre e le piante vivono anche senza muoversi.

La sua stessa vertigine e il palpito del suo povero sangue gli sembravano causati dal roteare della terra; gli pareva che il moto perpetuo di tutte le cose lo trascinasse attraverso lo spazio e che le ore e i giorni corressero dietro di lui.

— La giornata, è passata egualmente per me e per i felici della terra, — pensava al cader della sera, — almeno io non ho fatto male a nessuno....

Ma quando alla notte si svegliava, solo, al buio, era preso dall’orrore dei sepolti vivi: una crisi di disperazione lo faceva tremare tutto, un freddo sudore gli inumidiva i capelli; qualche volta non si riaddormentava che all’alba, e allora il suo unico conforto era la speranza di morire presto.

La voce irritata del servetto lo scosse dal suo dormiveglia.

— Perdonate1 vi ho detto! Adesso che avete trovato la strada volete consumarla a forza di andare e venire....

Ma la voce cadenzata del mendicante risuonava nel silenzio del ciglione; pareva che le sue parole lente, staccate, cadessero sull’erba, men-

  1. Perdona, si dice al mendicante quando non gli si vuol dare l’elemosina.