Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/262

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uscì curvandosi sotto l’arco del portone, tanto era alta, e subito dietro di lei ecco lo sposo, sulla groppa del cui cavallo baio era fissato una specie di sedile fatto con un cuscino e un cercine rosso che doveva servire per la sposa. Ma essa non appariva.

— E ritornata su: aveva dimenticato qualche cosa, — disse Zuampredu alla sorella che lo interrogava con gli occhi.

— Columbè, Columbè! Andiamo? — gridò il marito di Banna dall’alto del suo cavallo, sollevando il viso verso la finestra.

Allora Banna corse dentro; risalì al piano superiore e vide Columba che chiudeva l’uscio sulla veranda e piangeva Aveva detto addio a Jorgj, da lontano, poichè non poteva andargli vicino: aveva detto addio al passato, piangendo l’uno e l’altro egualmente morti per lei.

— Columba! Su, Columba, sorella mia! Coraggio, — disse Banna andandole incontro. La prese per la vita e si mise a piangere anche lei.

— Non darti pensiero di nulla, — proseguì singhiozzando, — tutto.... tutto resterà in ordine.... Non hai più nulla da dirmi?

Fin dal giorno prima Columba le aveva dato consegna della casa, che d’altronde Banna conosceva meglio di lei; non c’era più nulla da dirle, no, non c’era più nulla da dire fra loro; ma la sposa continuò a piangere, mentre la sorella la conduceva quasi a forza giù per la scala, come l’aveva sempre condotta nella vita.

Asciugandosi gli occhi col dorso della mano, Banna diceva:

— Su, non farti veder così alla gente, anima mia: che diranno? che vai ad un funerale?

Columba si fermò svincolandosi dall’abbraccio: s’asciugò anche lei il viso e cercò di ricomporsi.