Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/299

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capire la ragione: ma adesso, adesso che tutti sapevano il nome del vero colpevole, era tempo di invitare nuovamente il disgraziato a rivendicare il suo onore.

A un tratto s’alzò, chiuse la porta, prese il recipiente del latte e s’avviò. Come l’altra volta, scese la scalinata della piazza dirigendosi alla casa di Jorgj. Alcuni ragazzi per non andar troppo lontano si bagnavano i piedi nel rigagnolo che scendeva dalla fontana, e spruzzandosi l’acqua sul viso si rincorrevano ridendo.

Seguita dalla sua ombra che aveva pur essa un recipiente dondolante in mano, la vecchia passò davanti alla casa dei Corbu, ma vide solo la serva seduta sullo scalino, al posto del nonno. La straducola era deserta, essendo le donne andate alla sorgente; ma nel cortiletto di Jorgj c’era Pretu, immobile, con un omero appoggiato al muro, una mano sul petto, un piede sollevato. Appena vide zia Giuseppa le corse incontro e le si mise avanti per impedirle di avanzarsi.

— Siete venuta voi? Ebbene, non entrate, adesso; c’è gente.

— Chi, il dottore o il prete?

Siccome ella faceva atto di avanzarsi egualmente, Pretu le saltellò intorno dicendo sottovoce:

— Ebbene, sentite: c’è zio Remundu!

Ella si fermò attonita.

— Sì! c’è lui! Pare voglia far la pace col mio padrone. Stanno lì a discorrere da quando son tornato, voi m’avete veduto. Zio Jorgeddu mi ha mandato fuori, dicendo di non lasciar entrare nessuno....

Zia Giuseppa non pronunziò parola: bruscamente indietreggiò fino all’ingresso del cortiletto e se ne tornò a casa scalpitando come una

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