Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/86

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stanza del banchetto, uscì in un ballatoio che comunicava con un’altra camera: io la seguivo. La luna era tramontata e solo un’aureola biancastra segnava i profili dei monti. Il chiarore e i canti che salivano dal cortile si affievolivano come se la scomparsa della luna segnasse la fine della festa. Io presi Columba fra le braccia e la baciai con tutto il mio ardore e la mia fede di adolescente: ella per me rappresentava in quel momento il mistero della notte, la primavera, la poesia dell’amore; le sue labbra erano per me come l’orlo d’un vaso pieno dell’essenza stessa della vita.


VIII.


L’indomani all’alba partii senza averla riveduta e per settimane e mesi vissi in una specie di ebbrezza, in una illusione dolce e profonda come un vero sogno.

In estate ritornai e continuammo ad amarci in segreto.

Dopo il suo matrimonio Banna abitava l’ala destra della casa completamente separata dal centro e dall’ala sinistra, e spesso la serva andava da lei per lavorare. Se il vecchio era assente, Columba sola in casa non esitava a ricevermi.

Abbiamo passato intere notti assieme, quando il nonno era all’ovile e la serva di Banna a fare il pane.

Anche all’interno la casa è misteriosa: coi suoi anditi, gli stretti passaggi, i ballatoi, i ripostigli, sembra una costruzione medioevale.