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gato; aveva però una carnagione bianca e vellutata, bellissimi capelli neri lievemente ondulati e gli occhi grandi, a mandorla, di un nero dorato e a volte verdognolo, con la grande pupilla appunto delle donne di razza camitica, che un poeta latino chiamò «doppia pupilla», di un fascino passionale, irresistibile.

Per la morte di Enza fu ripreso il lutto, chiuse ancora le finestre, ripresa una vita veramente claustrale. Ma un lievito di vita, un germogliare di passioni e una fioritura freschissima d’intelligenza simile a quella dei prati cosparsi di fiori selvatici a volte più belli di quelli dei giardini, univa le tre sorelle in una specie di danza silenziosa piena di grazia e di poesia. Le due piccole, Pina e Coletta, leggevano già anch’esse avidamente tutto quello che loro capitava in mano, e, quando erano sole con Cosima, si abbandonavano insieme a commenti e discussioni che uscivano dal loro ambiente e dalle ristrettezze della loro vita quotidiana. E Cosima, come costretta da una forza sotterranea, scriveva versi e novelle.

Da sua parte Andrea aveva molti difetti, ma era anche generoso e gioviale. Forse troppo: e la sua generosità era alimentata da un po’ di amor proprio, di vanità, di boria; ma spesso era schietta e istintiva: aveva, poi, impeti di vero entusiasmo per cose che agli altri sembravano degne di poco aiuto, se non proprio di essere contrariate; e al-