Pagina:Deledda - Elias Portolu, Milano, 1920.djvu/98

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ma i ricordi dei giorni trascorsi a San Francesco, quel sogno in riva all’Isalle, quel ritorno fatale, erano troppo recenti. Il suo sangue ne era ancora acceso, e la volontà non bastava a vincer l’incendio: la solitudine, le forze fisiche rinascenti, aumentavano la passione.

Ma sopratutto l’aumentava il ricordo fisso, insistente, indistruttibile del ritorno dalla festa; i sogni di Elias rinnovavano quasi sempre quella scena, giacchè le sue spalle, la sua vita, la sua mano serbavano intatta l’impressione fisica del corpo e della mano di Maddalena: e la mente, ricordando le parole di lei, si smarriva ancora in una vertigine di piacere e d’angoscia.

Egli s’irritava, ma non poteva vincersi; a volte le sue labbra pronunziavano il voto e nello stesso tempo il pensiero perdevasi là, nel ricordo: allora egli si copriva d’improperi, e avrebbe voluto bastonarsi, castigarsi, ma gli riusciva impossibile vincersi.

— Mio padre ha ragione, — pensava, — io sono un ometto di cacio fresco, una bestia, uno sciocco. Che bisogno c’è di pensare alle donne, e specialmente alla donna che non si deve guardare? Non si può vivere altrimenti? Uomini bisogna essere, uomini, leoni; ed io