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prime avventure di giaffà 11


sa alla madre. La povera donna impallidí mortalmente.

— Sciang-ti! Sciang-ti! — si diede a gridare, con le mani fra i capelli: — Lo sapevo che avresti fatto cosí! Povera me! Come farò io? E intanto non abbiamo di che mangiare, non abbiamo una goccia d’olio per il lume! Va’ presto e riprendi la tela, subito va’! Sei lí, incantato? Che i sorci ti rodano il codino, sei ancora lí? Bada Giaffà, io ti sono madre e ti voglio bene, ma questa volta non ti perdono. Se non riporti la tela, ti accuso al Mandarino e ti faccio dare cento colpi di bastone. Va’ presto.

— Ooooh! — fece Giaffà senza scomporsi, sicuro del fatto suo. — Andrò domani e porterò un canestro di monete. —

Pan-a si mise a piangere: Giaffà per quel giorno non volle andare: entrambi poi, rimasero tutto il giorno senza mangiare. L’indomani Giaffà munito d’un piccolo canestro tornò nel vecchio giardino. La tela naturalmente era sparita, ma la statua c’era ancora e col capo faceva sempre . Ma per quante richieste e minacce Giaffà le rivolgesse, non accennava a sborsare le trenta monete d’oro. Lo scemo allora cominciò ad alterarsi, pen-