Pagina:Deledda - I giuochi della vita.djvu/21

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per riflesso 13


— Vedremo, vedremo, ne parleremo ancora in famiglia, e poi ti darò una risposta definitiva: puoi tornare, Andreana Verre.

— Tornerò; quando?

— Quando? Ebbene, domenica mattina.

Andreana e il fanciullo s’alzarono: la speranza brillava negli occhi di entrambi.

Zia Coanna intanto deponeva in un canestro il pane che Millèna estraeva dal forno, e non nascondeva il suo malumore.

— Scusate il disturbo, — disse Andreana congedandosi; — buon giorno e Dio vi guardi.

Millèna, che non aveva aperto bocca, sollevò gli occhi e guardò con tenerezza il fanciullo. Poi fece un gesto alla vecchia serva, ma questa rispose con una smorfia. Però anche zio Larentu capì a volo l’intenzione buona della moglie; si curvò, prese un pane e, secondo l’antico costume, lo porse ad Andreana, come l’avrebbe dato a qualsiasi altro visitatore.

La donna prese e avvolse il pane nel suo grembiale, poi salutò di nuovo e uscì seguita dal figliuolo. I cani abbajarono nuovamente, dietro la siepe del cortile.

— Gettatelo ai cani, quel pane! Non avete visto come faceva le smorfie, quella vecchia strega? — disse il fanciullo.