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il vecchio servo | 245 |
— pensava. — Matti e prepotenti; ma ora diventano insopportabili. Prima hanno rovinato la loro figliuola, allevandola come una figliuola di re e dandole tutti i vizi; perciò fece la fine che fece: sposò un’immondezza, un ubbriacone, che la fece morir di dolore. Ora è la volta del “pulcino„. Lasciatelo un po’ crescere, dategliele tutte vinte, e vedrete dove andrà a finire. Misero me che sono capitato in questa famiglia. Il peggio è che mi ci sono come innestato, in questa famiglia; — pensò poi sospirando. — Sì, innestato; se andrò via, mi parrà d’essere come un ramo divelto dal tronco. San Basilio mio, aiutatemi voi.
Egli sospirò ancora e scosse la testa: — Sì, io voglio bene ai miei padroni, e certo anche essi me ne vogliono, a modo loro: siamo davvero come rami di diverse piante innestati nello stesso tronco; ma i padroni sono la quercia, io sono l’oleandro che un soffio di vento può rompere e portar via.
Un giorno egli disse al padrone:
— O mi dài un cavallo, se vuoi che continui a far da cane a tuo nipote, o ti giuro che mi sdraio sotto il primo albero che trovo.
— Sdràiati pure, — rispose il vecchio Ara.