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272 | il fermaglio |
ascolto: le era parso di udire i sonagli del carrettino dello zio, — sonagli di cui ella riconosceva lo speciale tintinnìo, — e pensava, senza troppo spavento, alle busse inevitabili che avrebbe prese nel rientrare a casa. Ma non importava: la bastonassero pure, la costringessero pure a pascolar le vacche nei giorni di festa, quando tutte le altre bambine andavano a spasso; ella si consolava con le sue otto uova, coi soldi presi dall’acquasantiera, ove la zia Marietta nascondeva i suoi risparmi, col suo tabacco e con la speranza di diventar grande.
— Allora avrò i capelli lunghi, le mani grandi, le braccia lunghe così, così, così.... — le allargava il più che poteva. — Allora anche io.... schiaffi di qua e di là, quanti ne vogliono. Eppoi farò io la polenta, farò io le tagliatelle e.... mangerò tutto io. Eppoi me ne andrò anch’io a Milano, come l’Eva, e comprerò tanto tabacco, e ventagli e altro.
Questi sogni la esaltavano, specialmente dopo il ritorno d’Eva con le sue catenelle, i ventagli, le scarpette.
I sonagli tacquero: per un momento risuonò solo lo scroscio del molino, e Speranza tirò fuori l’involtino del tabacco…. Ma mentre lo