Pagina:Deledda - I giuochi della vita.djvu/33

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schina. Ripensando alla rassomiglianza che aveva creduto scorgere fra lui e lo studente russo, sorrise con amarezza; no, egli era infinitamente piccolo davanti a quel miserabile eroe. E si fece una domanda strana.

— Sarei capace io di un delitto? — No, — si risposo tosto: ma pensò: — non per onestà, ma per debolezza, per viltà....

Non seppe perchè, una figura odiosa passò nella sua mente confusa, come un fantasma fra la nebbia: zia Coanna, la vecchia serva dello stazzo.

Ma fu un momento: l’impressione del romanzo lo riprese tutto: ricordando il brivido che provava quando doveva interromper la lettura per tagliare i fogli del volume, egli si domandò: — Ma perchè questo libro mi suggestiona tanto? Impressionerà così tutti i lettori appena intelligenti? O io mi trovo in uno stato speciale, forse anormale, per impressionarmi così?

Gli parve di no. Pensò piuttosto alla grande potenza artistica del Dostojewsky: poi ricordò una novellina amorosa, convenzionale, che aveva scritto qualche tempo addietro, e gli sembrò di arrossire.

— Ma, perchè devo arrossire? — si do-