Pagina:Deledda - I giuochi della vita.djvu/59

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dendo tutto questo, e avendone vergogna, mi perdo in sogni mostruosi; non voglio umiliarmi, non voglio riconoscere la mia inettitudine, la mia debolezza; non voglio sottomettermi a “quell’uomo!„ Per non diminuirmi ai miei stessi occhi, dico a me stesso che se accetterò la pace e l’aiuto di Larentu Verre, sarà solo per penetrare nello stazzo, e per compiervi un delitto. Mentisco sempre: perché sento che il delitto non lo commetterò, ed è l’aiuto che voglio, non altro. Andrea Verre, di’ la verità a te stesso, di’ che sei un matto, e sollèvati, e va, e umìliati, e non essere più uno scemo. Ebbene, sì, andrò oggi stesso.

Pensando tutte queste cose, egli finì di sorbire il caffè. Ripose sul pancone la chicchera grossolana, e si senti improvvisamente felice.

— Egli sborserà di nuovo i quattrini, io ripartirò, ricomprerò il mandolino, le vesti, i libri; la vita sarà di nuovo bella e gaia.

Gli parve di esser un altro: dimenticò il passato, l’ieri, l’idea morbosa del delitto e la certezza che quest’idea gli fosse venuta per atavismo.

Seduto sempre accanto al fuoco, attese il