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L’agnello pasquale | 107 |
viamo sempre d’erba come le pecore. E papà adesso ha diritto a mangiar bene.
Era arrabbiato, il ragazzo, e la madre non protestò; pensava piuttosto da chi far scorticare l’agnello, poichè lei non era buona.
*
E il giorno di Pasqua il padre, che già portava a casa le mancie, ed era stato a comunicarsi, approvò la moglie di aver comprato l’agnello. Da tanto tempo non se ne mangiava: e lo mangiò quasi tutto lui, perchè la moglie a causa della tosse non aveva mai appetito, e il ragazzo non ne volle. Era un po’ stralunato, il ragazzo, forse perchè studiava troppo: nel vedere che il padre rosicchiava le ossa con voluttà ferina si mise però a ridere.
— E perchè ridi adesso?
Egli non lo disse, anzi ricadde nel suo fantasticare. Pensava ai preti che proteggevano il padre per la sua devozione. Se avessero saputo!
Eppure anche lui, nel caos che turbinava nella sua coscienza, ritrovava confusamente un senso di mistero religioso. Aveva piacere che il padre godesse: che l’agnello fosse sacrificato a lui come al padre dei cieli.