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216 il flauto nel bosco

Ho capito, e ripeto fra di me l’insegnamento, per un’altra volta.

Ella intanto stronca con le sue dita bruciate le terribili zampe e le tira via: la bestia ha finalmente pace, va giù, si annega nel bollore dell’acqua schiumante.

— E adesso vossignoria se ne vada a scrivere, che fa molto meglio di stare qui. Qui non è il suo posto — dice la donna, con protezione e umiltà, ma anche con una certa imponenza.

Io però non mi arrendo.

— No, non ci vado, nello studio: basta. Troppo ho vissuto tra le nuvole.

Allora lei ha un sorriso fine, enigmatico.

— Dia retta a me, vossignoria; torni, torni nello studio, o fra le nuvole, come dice vossignoria: vedrà che sarà più contenta lei e gli altri.

Io non replico, ma non so perchè, o forse perchè da qualche tempo in qua vedo egualmente anche rasentando la terra le fantasmagorie delle nuvole, ho voglia di piangere.