Pagina:Deledda - Il nonno, 1908.djvu/135

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ballora 133


Ballora raccolse il fuso, riattaccò il filo e riprese a filare. Era diventata pallidissima e il suo fuso tremolava lievemente, invece di scendere e salire rapido e sicuro come prima.

— Sposare, — disse il nuorese, guardandola — si fa presto a dirlo. Chissà? Il nostro destino è nelle mani di Dio, come il fuso è nelle mani di quella fanciulla.

— Speriamo non gli cada di mano, però, — rispose il Sindaco, ridendo.

— Franchisca, portaci da bere. Tu vorrai del vino, non del miele, credo! — disse poi zio Ballore, volendo distrarre Miale Ghisu che era diventato triste.

La donna portò il vino: zio Ballore cominciò a raccontare storielle, le donne ripresero i loro fusi, i ragazzi s’avvicinarono al fuoco, Ballora e il nuorese continuarono a guardarsi. E il Sindaco fingeva di non accorgersene, ma ogni tanto, contro la sua abitudine, diceva parole dispettose.

Ballora aveva raggiunto il suo scopo, ma ormai ella non s’accorgeva più della stizza del Sindaco, e quando egli parlava di Tiu Matteu, ella non pensava più allo zio lontano.

Nei giorni seguenti accadde un fatto strano che interessò vivamente tutte le donnicciuole del villaggio.