Pagina:Deledda - Il nonno, 1908.djvu/147

Da Wikisource.

il sogno del pastore 145


Orrore! Sotto la pietra, invece della borsa, c’è un mondo di vermi bianchi, schifosi, brulicanti sull’umida terra; i loro piccoli occhi maligni hanno uno strano bagliore verde.

Il pastore impallidisce, trema, fruga per tutta la capanna; la borsa non c’è, il suo delitto è stato inutile. Allora egli fugge attraverso la pianura, ma ha sempre davanti agli occhi la visione di quei vermi bianchi, brulicanti, dagli occhi verdi maligni.

Dopo lungo errare torna alla sua capanna; il suo cane rosso urla disperatamente alla luna, scuotendo la catena. Che è avvenuto?

Il pastore corre alle mandrie, e le mandrie sono vuote. Egli ascolta, ma il silenzio della notte è turbato solo dal rauco urlare del cane. Un sudore di morte gli bagna la nuca: orrende imprecazioni gli escono dal petto ansante. Egli è rovinato: durante la sua assenza ignoti predoni gli hanno rubato il gregge, e sono spariti senza lasciare tracce, come la volpe.

Urlando di rabbia, il pastore si getta fra le macchie, e corre e corre, e attraversa la pianura cercando il punto ove i ladri hanno guadato il fiume.

Ecco, forse è qui; i giunchi sono calpestati, l’acqua scarsa brilla riflettendo il cielo sereno e la tremolante luna.

Il pastore si tuffa nell’acqua, ma l’acqua non è così scarsa come sembrava; più egli avanza, più affonda: ecco, sino alle coscie, fino alla cintola,

Grazia DeleddaIl Nonno. 10