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nascosta fino all’alba in un luogo dove prima non era mai stata.

All’alba si mosse. La nebbia velava il bosco, le macchie stillavano grosse goccie d’acqua gelata. La lepre fece un giro di perlustrazione, scese sino in fondo ad una specie di piccola valle, e scopri una cosa che, nonostante tutta la sua cattiveria, la intenerì e la commosse. Trovò un nido di leprotti! Erano due questi leprotti; grassolini, con le orecchie diafane, gli occhioni immobili e lucenti: dovevano essere i figli della coppia uccisa dal cacciatore.

Uno dei leprotti leccava le orecchie e la testa al fratellino, e quando vide la vecchia lepre la guardò e sporse e ritirò il musino con un po’ di paura.

La vecchia passò oltre, ma più tardi ritornò ancora e rivide i due poveri leprotti che giocavano e si leccavano a vicenda.

Era una giornata triste, fredda: verso sera cominciò a piovere e la vecchia lepre ritornò al suo antico nido fra i tronchi, sulla riva alta dello stagno. Pioveva e pioveva. La vecchia lepre non si rattristava per questo. Anzi! La pioggia significava la fine della bella stagione, e quindi la solitudine e la sicurezza. La sabbia dell’isola si sarebbe presto rammollita: il cacciatore non s’arrischierebbe più ad attraversare il bosco umido e nudo.

E i poveri leprotti? Che ne sarebbe di loro, in fondo alla piccola valle? La vecchia solitaria ricor-