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cattive compagnie | 169 |
che non era suo marito. Ma nello stesso tempo provava un senso di vanità e pensava:
— Gli ho destato una ben forte passione, se egli non ha avuto paura di compromettersi!
Quando uscirono nel cortiletto ove rinasceva l'erba d'autunno, trovarono il vecchio Andria, che ancora tutto scombussolato e inquieto, borbottava:
— Che cosa dicono? Che in quelle grotte li ci fossero dei santi? Diavoli, dico io, ci dovevano essere: è un luogo di diavoli, a mio giudizio.
Pasqua, un po' pallida in viso, pensò:
— Il vecchio ha ragione.
Per finir bene la gita, andarono tutti assieme a Ponte Nomentano. Arrivati sull'altura, il negoziante fece portare da una vicina osteria il vino ambrato dei Castelli romani. Ma Pasqua non volle bere. Seduta sull'erba, ella guardava il tramonto e sentiva un'acuta nostalgia. Il paesaggio dolce e tranquillo le ricordava la sua terra lontana, il suo mondo solitario, dove le donne vivono e muoiono senza essere tentate dal diavolo, come succede nelle grandi città.
E mentre ella contemplava il paesaggio roseo che si copriva di vapori violacei, e il sole che sembrava un meraviglioso rubino sull'anello d'oro dell'orizzonte, i tre uomini, seduti sotto il riparo di canne, in cima all'altura, bevevano allegramente e parlavano di cose che col tramonto non avevano alcuna relazione. Il negoziante proponeva di andare al Circo, ed Elia accettava con entusiasmo.