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72 grazia deledda


vuote, e pensava che la vita, per lui, era come quella casa senza tetto e senza imposte, i cui muri invecchiavano inutilmente.

La montagna grigia e verde sorgeva dietro la casa: nelle notti di primavera egli sentiva l’odore dei ciclamini che crescevano sotto i boschi. Un piccolo orto incolto divideva la scuola dall’abitazione del maestro: nulla di più desolato e melanconico, specialmente nei giorni annuvolati d’autunno, di quel quadrato di terra coperto di solani neri, di vainiglie selvatiche e di cespugli di ruta dall’aspro odore. Un giorno d’autunno, appunto in uno di quei giorni umidicci e cenerognoli, quando tutte le cose appaiono come delineate su uno sfondo opaco e uniforme, ma sembrano più vicine, più legate a noi da misteriose simpatie, e basta l’odore della ruta o dell’assenzio grigio o una bacca giallo-rossa di rosaio inselvatichito per richiamarci in cuore tutto un lontano passato, Serafino ricevette una lettera col francobollo olandese. Egli guardò a lungo, meravigliato, la busta azzurrognola trasparente, sulla quale il suo nome, scritto con caratteri rotondi, gli destava una strana impressione. Dove, quando aveva veduto il suo nome scritto così? Ricordò che nella sua adolescenza, quando scriveva la prima novella, aveva sognato di diventare un celebre scrittore e di ricevere ogni giorno lettere eleganti da paesi lontani e da paesi vicini.

La lettera dall’Olanda era la prima lettera che egli riceveva dall’estero. Chi poteva aver pensato a lui in un paese lontano?